Intervista a Francesco Guarneri, Fondatore e Consigliere Delegato di Guber Banca
“È la semplificazione della vita delle imprese che le rende più competitive, non il costo del denaro”.
Gli imprenditori devono lavorare sulla trasparenza e veridicità dei propri bilanci per meglio capitalizzare il valore delle loro imprese.
Lo stato deve aiutare le pmi a capire quali opportunità cogliere dalla rivoluzione industriale in corso e, conseguentemente come e dove investire in tecnologie e innovazione. L’Europa deve semplificare le normative e le relative procedure di controllo sull’applicazione delle stesse.
È questo il mix che serve al mondo delle pmi (italiane ma non solo) per riuscire a cavalcare il futuro, oggi che si trovano immerse in una vera e propria rivoluzione che riguarda il modo di concepire il lavoro, una rivoluzione conseguente e parallela all’applicazione di sistemi, sempre più evoluti, che utilizzano AI generativa, che assistono ad un nuovo riassetto geopolitico e alla presa in carico di novità normative.
La pensa così Francesco Guarneri, cofondatore di Guber Banca, attiva in particolare nel credito alle pmi in situazioni di difficoltà.
“Partiamo dal presupposto che l’economia in Europa non sta andando bene e che le politiche di dazi non aiutano” ci dice Guarneri. “In questo scenario, credo che l’Europa e la BCE pongano troppa fiducia nell’effetto risolutorio che la variazione dei tassi possa produrre sul recupero dell’economia. Il denaro oggi per le imprese ha un costo di circa il 4-5%, una cifra tutto sommato ragionevole e sostenibile nel tempo per chi fa impresa. I motivi di non competitività sono da ricercare altrove non più (o non solo) nel costo del denaro. Tra i limiti allo sviluppo, il primo che vedo è l’eccesso di normativa che rende complicato l’esercizio dell’attività imprenditoriale.”
Quando parla di “normativa” si riferisce alle norme o ai presidi di controllo del rispetto delle norme stesse?
Le norme sono fondamentali e lo sono anche i presidi di controllo. Ma è necessario, direi urgente, pensare a norme più semplici ed a strumenti che rendano più semplici i controlli. Se si passa a un casello autostradale, la norma ci dice che si deve pagare il pedaggio. Ma per controllare che questo avvenga, è più semplice e snello mettere tante casse con il personale che riscuote fisicamente il dovuto, o montare sistemi di rilevazione elettronica come i telepass? Ecco, nella gestione delle procedure di controllo, servono più sistemi automatizzati e meno casse fisiche.
La parola è dunque “semplificazione”. Oggi fa rima con Intelligenza Artificiale. Vale anche per il vostro mondo del credito?
La parola è “semplificazione tecnologica” ed in questo io ho molta fiducia nei giovani ed in ciò che riusciranno a fare in futuro. La mia generazione è stata una generazione di “complicatori”. Loro, anche grazie all’utilizzo di sistemi sempre più evoluti di AI, saranno dei semplificatori. Certo, sarebbe ora di crederci davvero in questa Intelligenza Artificiale.
Cosa intende?
Intendo dire che l’Europa è in grandissimo ritardo negli investimenti in AI rispetto agli altri continenti. Cina e Usa insieme hanno investito negli ultimi 5 anni circa 20 volte in più rispetto all’Europa. L’AI non è una moda del momento ma una rivoluzione anche industriale vera e propria in corso. E l’Europa deve capire che deve scendere in campo da attaccante e non deve fare solo l’arbitro che detta le regole e le fa rispettare col fischietto in bocca. Perché l’arbitro guarda e controlla, ma non gioca.
Per il mondo delle pmi però investire in AI richiede ricerca e investimenti…
È vero, le pmi sono carenti nella ricerca perché spesso non la possono sostenere ma sono molto reattive e reagiscono in tempi rapidi alle crisi e ai cambiamenti. Oggi è fondamentale che le istituzioni dialoghino con loro per aumentare la consapevolezza della transizione tecnologica e per fornire loro un servizio di consulenza integrato che aiuti a capire come inserire l’AI nel sistema produttivo.
Poi però devono investire. E hanno bisogno di credito, ma per loro gli spazi sono sempre stretti…
È vero, ma il mercato del credito oggi sta accusando ancora le conseguenze dell’ultima crisi pre-Covid quando le sofferenze bancarie erano arrivate anche a 300 miliardi, pari a circa 10 manovre finanziarie, un ammontare gigantesco il cui principale contribuente è stato proprio la pmi. Il sistema bancario è restato scottato, anzi “ustionato” dalla pmi ed ora va ricostruito un rapporto di fiducia, reciproca; e ci vuole tempo.
Come se ne esce?
I punti principali li abbiamo già riportati più sopra. Gli imprenditori devono lavorare sulla trasparenza e legalità delle loro imprese. Non farlo significa condannarla a un impoverimento. Significa avere un’azienda meno credibile, meno attraente per i mercati finanziari. Ed i mercati finanziari sono rappresentati sia dalle banche che danno credito sia dai fondi di investimento che danno equity. Si tratta di un salto culturale che ripaga anche dal punto di vista economico personale.
E gli istituti di credito come Guber Banca in tutto questo che ruolo hanno?
Noi siamo una banca specialistica. La nostra attenzione è più concentrata verso le imprese che stanno uscendo, in modo virtuoso, da momenti di difficoltà ma che hanno un merito creditizio che rende loro ancora estremamente difficile l’accesso al credito bancario tradizionale. Si tratta di capire preventivamente chi ce la farà e chi no cioè le prospettive di un’impresa, la credibilità del suo management, la solidità del suo mercato, il contenuto delle sue tecnologie e la sua propensione all’innovazione. Per fare questo servono due ingredienti: il rapporto con il territorio, dove il fattore umano è determinante e la disponibilità di tool predittivi dove il fattore tecnologico e l’AI sono determinanti. In sostanza un punto di incontro tra il vecchio e nuovo modo di fare banca.